President Obama's Selfies at Nelson Mandela's Memorial |
Anno 2014: La
società contemporanea è invasa dalle immagini, si trovano ovunque, nei
supermercati, nelle stazioni della metropolitana, negli smartphone, persino nei
luoghi di culto. Le immagini confondono, la mente a fatica riesce a comprendere
la differenza tra l'immagine e il reale. Il reale talvolta diventa
addirittura l'immagine del reale.
Epoca nella quale la
comunicazione è diventata più veloce del tempo, i fatti quotidiani mentre avvengono sono
già notizia, a volte si cerca quasi di anticipare il fatto con la notizia o con
l'immagine di quello che ancora non è successo ma a breve sarà, e sarà la sua
immagine più che l'avvenimento reale. Epoca nella quale la persona è portata a valorizzare, o meglio a
s-valorizzare se stessa con quello che viene chiamato Selfie, parola che
deriva dall'antico e da sempre utilizzato, a volte in modo creativo, self portrait.
Francesca Woodman, Self Portrait |
Renzo Piano, the shard, Londra |
Epoca nella quale
anche l'architettura risente della cultura dei Selfie. L'architetto nel corso
degli ultimi decenni ha cambiato il modo di progettare e di porsi rispetto alla
società contemporanea, società che è sempre stata alla ricerca di un architetto in grado di dare un senso alle esigenze non tanto
della persona quanto dell'immagine della persona inserita nella realtà
contemporanea.
Epoca nella quale si
perde l'essenza dell'abitare, della casa, si perdono i principi fondamentali
dell'architettura, quegli archetipi rossiani tanto amati dall'ultimo architetto
postmoderno dell'ultimo millennio.
Epoca nella quale nascono le Archistar, figure
molto più simili a delle star del sistema economico, figure che tendono a
costruire architetture autoreferenziali, figure che non creano un nuovo spazio, modificano i profili delle città ponendo al centro della discussione non tanto
la società e le esigenze della stessa ma il mero valore estetico della
propria opera che sarà pronta ad ergersi come simbolo e come nuovo strumento di
identificazione.
Epoca nella quale
l'architetto è come se stesse condividendo dei selfie, proprio come si è soliti fare nei social network, costruendo architetture che non sono altro che l'immagine
riprodotta di se stesso e, di conseguenza, la sua auto-svalorizzazione.